Battesimo del Fuoco e 1^ Guerra Mondiale

18.01.2013 17:22

 

 

Battesimo del Fuoco e 1^ Guerra Mondiale

 

Nati per combattere sui ghiacciai e sulle alte vette delle Alpi, gli alpini per uno dei tanti e curiosi scherzi della storia, ebbero i

“battesimo del fuoco” sulle roventi ambe africane, nelle campagne di Eritrea del 1887 e del 1896, ove mostrarono il loro valore e le loro qualità di fieri soldati nella sfortunata battaglia  di Adua del 1° marzo 1896, sull’Amba Rajo, ove il 1° Battaglione Alpini d’Africa, comandato dal tenente colonnello Davide Menini, si immolò sul posto. In quella tragica giornata, oltre al comandante di battaglione, caddero alla testa dei reparti il capitano Pietro Cella, prima medaglia d’oro al valore militare degli alpini e quattro valorosi ufficiali di artiglieria da montagna anch’essi decorati con la medaglia d’oro al valore militare per l’eroico comportamento tenuto di fronte alle  aggressive forze abissine. Molteplici furono le innovazioni e i mutamenti adottati all’equipaggiamento e alle armi  agli inizi del ventesimo secolo. Da non dimenticare il novembre del 1902, data importante per la Specialità; dopo un periodo di intense prove effettuate presso il 3° Reggimento Alpini, viene dato in dotazione ai reparti il nuovo e veloce mezzo di locomozione su neve: gli sci, che permisero di risolvere il problema del movimento sui terreni innevati.

Vale la pena di ricordare gli esperimenti effettuati dal Battaglione Alpini Morbegno del 5° Reggimento Alpini, nel luglio del 1905, per l’adozione di una uniforme di colore grigio per mimetizzare maggiormente i combattenti. La nuova uniforme fu esperimentata da un plotone  della 45a compagnia, denominato il “Plotone grigio” e, dopo il felice esito delle prove effettuate con il resto del battaglione,  nel 1908 fu adottata da tutte le armi dell’Esercito. Anche quando chiamati ad operare fuori dall’ambiente montano, gli Alpini hanno sempre dimostrato le loro qualità umane e professionali: la lealtà, il senso del dovere, l’alto spirito di disciplina, il culto della generosità, il rispetto dell’impegno assunto facendolo bene sino in fondo. In Africa orientale, in Libia, sulle Alpi, nella penisola Balcanica, nella gelida steppa di Russia, durante la Guerra di Liberazione e la Resistenza, nei Lager nazisti e di Stalin, gli Alpini hanno offerto una lunga testimonianza di eroico valore, di esemplare spirito di corpo e di profonda fede nelle patrie istituzioni, dimostrando anche nei momenti più drammatici, tempra montanara, grande dignità, spirito di solidarietà umana, rispetto per i più deboli.

Alla Prima Guerra Mondiale gli Alpini parteciparono con 88 battaglioni e 66 gruppi di artiglieria da montagna per un totale di 240.000 alpini mobilitati. Quarantuno mesi di lotta durissima e sanguinosa costituirono per gli Alpini un’epopea di episodi collettivi ed individuali  di altissimo valore e di indomita resistenza, di battaglie di uomini contro uomini, di uomini contro le forze della natura, di azioni cruente e ardimentose sulle alte vette dalle enormi pareti verticali, di miracoli di adattamento alle condizioni più avverse e nelle zone alpinisticamente impossibili. Le operazioni belliche condotte sulla fronte alpina furono uno straordinario banco di prova dell’ingegno e dell’audacia dei comandanti e dell’altissimo valore personale dei singoli alpini e misero in evidenza uno spirito di adattamento dell’uomo sino allora impensabile. Alla metà di giugno del 1915 gli Alpini effettuarono la prima leggendaria impresa, la conquista del Monte Nero, davanti alla quale anche i nostri  avversari così si espressero: “Giù il cappello davanti gli alpini ! questo è stato un colpo da maestro”. Dal Monte Adamello al Monte Nero, dalle Tofane al Carso, dalla Marmolada al Monte Ortigara, dallo Stelvio al Monte Grappa, dal Monte Pasubio al Passo della Sentinella, aggrappati alla roccia con le mani e con le unghie per lottare contro il potente nemico, costruirono con mezzi rudimentali strade e sentieri fino sulle cengie più ardite, combatterono memorabili battaglie di mine e contromine, portarono a termine brillantissimi colpi di mano espugnando posizioni ritenute imprendibili e aggiunsero alle fantastiche leggende delle Dolomiti storie di giganti della lotta in montagna.

 

Il contributo  dato dagli Alpini nella Grande Guerra è ampiamente evidenziato dalle seguenti cifre: ufficiali, sottufficiali e alpini morti 24.876, feriti 76.670, dispersi 18.305. 38.181 “Penne Mozze” cadute nell’adempimento del Dovere, falciate dal piombo nemico, travolti dalle valanghe, strappati dalle insidie della guerra o dalle avversità della montagna. Uno scrittore inglese, Rudyard Kipling, venuto in visita alla fronte italiana nel corso della Prima Guerra Mondiale, espresse questo giudizio sugli alpini: “Alpini, forse la più fiera, la più tenace fra le specialità impegnate su ogni fronte di guerra. Combattono con pena e fatica fra le grandi Dolomiti, fra rocce e boschi, di giorno un mondo splendente di sole e di neve, la notte un gelo di stelle. Nelle loro solitarie posizioni, all’avanguardia di disperate battaglie contro un nemico che sta sopra di loro, più ricco di artiglieria, le loro imprese sono frutto soltanto di coraggio e di gesti individuali. Grandi bevitori, lesti di lingua e di mano,  orgogliosi di sé e del loro Corpo, vivono rozzamente e muoiono eroicamente”.