BTG. " CEVA " -Prima guerra mondiale

07.01.2013 12:41

Battaglione Alpini " CEVA " - Prima guerra mondiale

04.01.2013 22:24

 

Battaglione Alpini Ceva - Prima Guerra Mondiale

A inizio ostilità, il battaglione occupa la linea difensiva posta all’ingresso della Valle Aupa a sud della Pontebbana, presidia le posizioni di Monte Cullar, Monte Crete, Monte Glazzat, Cereschiatis, quota 1.223, le pendici di Cima Valeri e Monte Slenza. Da agosto a dicembre del 1915, la 1^ e la 4^ compagnia operano alle dipendenze di altri reparti. Sono molte le azioni svolte da esse nella zona del Monte Rombon con la colonna “Giardino” che riceve l’ordine di concorrere alle operazioni del IV° C.A. nella conca di Plezzo. Le due compagnie del “Ceva” e la 3^ del battaglione “Pieve di Teco” costituiscono il fulcro del battaglione speciale “Bes”, che attacca le posizioni nemiche sul Cukla e sul Rombon, mentre il battaglione “Val d’Ellero” procede sull’obiettivo di Goricica Planina. Gli obiettivi assegnati ai vari reparti sono: la 1^ compagnia del “Ceva” deve dirigersi sul Monte Palica occuparlo e impegnare le eventuali forze nemiche che dal Rombon tentassero di spingersi in avanti, converge quindi sul Cukla da nord; la 3^ del “Pieve di Teco” partendo da quota 2.038 deve percorrere il solco che dal punto di partenza permette di raggiungere la parte sud-ovest del Monte Cukla, tentandone l’avvolgimento da quel lato. La 4^ segue il comando di battaglione essendo utilizzata come riserva. Una volta raggiunto i piedi del pendio roccioso situato ad ovest del Monte Cukla, le compagnie devono muovere all’attacco delle posizioni nemiche. A giorno fatto, le tre compagnie muovono  verso gli obiettivi assegnati, coperte nella loro azione dall’artiglieria, che apre il fuoco contro le posizioni nemiche. Il terreno difficoltoso rallenta la marcia della 3^ compagnia del “Pieve di Teco”, mentre un plotone della 1^ compagnia del “Ceva” occupa il Monte Palica, puntando successivamente sul Monte Cukla appoggiato dalla 4^ compagnia. Raggiunta la base del costone di nord-ovest, il plotone riceve l’ordine di dirigersi sulla colletta situata tra il Monte Rombon ed il Cukla. L’attacco avviene di sorpresa ed il presidio nemico costretto alla resa. Poco dopo la posizione è raggiunta anche dalla 4^ compagnia del “Ceva” e dalla 3^ del “Pieve di Teco”. Verso sera, il nemico tenta alcuni contrattacchi che sono respinti. Il giorno 24, il battaglione speciale “Bes” rilevato dal “Val d’Ellero”, si trasferisce sul versante orientale del Monte Palica, ove rimane per tre giorni, al termine dei quali è destinato con il “Val d’Ellero” a un’operazione contro il Rombon. L’obiettivo della 1^ e 4^ compagnia del “Ceva”, consiste nel raggiungere la vetta del monte sul versante ovest. Prima dell’alba, quattro pattuglie di arditi, per un totale di circa cinquanta uomini, iniziano una marcia di avvicinamento alle posizioni austriache, seguiti a circa mezz’ora di distanza da due plotoni della 1^ compagnia, diretti verso quota 2.105 del Romboncino e da due plotoni della 4^ diretti sul versante sud della stessa quota. A circa un’ora di distanza seguono i restanti reparti delle due compagnie. Nel frattempo, le pattuglie giunte a contatto con il nemico, sono accolte da un nutrito lancio di bombe a mano, scariche di fucileria e da una scarica di grossi sassi. Solo due pattuglie riescono nella mattinata a raggiungere la vetta del monte. Nel contempo la 3^ compagnia del “Pieve di Teco”, con una serie di assalti alla baionetta riesce a occupare due trincee nemiche. Si tenta quindi di conquistare quota 200 ma, la reazione nemica non consente di ottenere questo successo e gli alpini sono ricacciati nelle posizioni di partenza. Dopo un periodo di tre mesi passati nelle posizioni del Monte Rombon, il battaglione speciale “Bes” è sciolto e le compagnie che lo formano rientrano alle proprie unità. Fino alla seconda metà del mese di febbraio del 1916, il “Ceva” continua a presidiare il sottosettore della Valle Aupa. Il 24 dello stesso mese, cede la 98^ e la 116^ compagnia al nuovo battaglione alpini “Monte Mercantour”. Le restanti compagnie si trasferiscono nella conca di Plezzo: qui, sono destinate al presidio del sottosettore Palica-Romboncino. Continue nevicate, rendono disagevole la permanenza in trincea delle truppe e difficoltoso provvedere il rifornimento di viveri e munizioni ai difensori. Il 6 marzo, in seguito ad una nevicata più abbondante del solito, viene deciso di abbandonare il Romboncino, che viene rioccupato tre giorni dopo, superando non poche difficoltà derivanti dalle avverse condizioni meteorologiche e dal nemico. Il 20 marzo mentre il battaglione “Bassano” attacca frontalmente il Monte Cukla, il “Ceva” lo appoggia con il proprio fuoco, riuscendo a occupare le trincee più avanzate e inviando pattuglie di arditi, l’azione non ha successo e viene sospesa. Dopo qualche tempo, a seguito di alcuni successi austriaci, il comando della 24^ divisione decide di tentare la riconquista della vetta del Monte Cukla. La sera del 10 maggio, tutte le artiglierie della divisione, appoggiate anche da quelle poste in Val Raccolana e Za Plecam, iniziano il fuoco di preparazione, mentre nel settore dello Slatenik e nella Conca di Plezzo, dei pattuglioni si spingono verso i reticolati austriaci. Il nemico apre il fuoco contro le truppe avanzanti con fucili e mitragliatrici, mentre le sue artiglierie aprono il fuoco contro le artiglierie e le trincee italiane. Circa un’ora dopo, tutta la linea italiana compresa dal Sacro Cuore a quota 1.583, inizia ad avanzare verso le linee nemiche: il “Ceva” opera contro la colletta del Cukla e le alture situate a nord di essa; i battaglioni “Saluzzo” e “Bassano” direttamente contro il Cukla e il “Val Camonica” contro la parte superiore di quota 1.583. Quasi subito il “Saluzzo” e la 62^ compagnia del “Bassano”, sono sui trinceramenti nemici. Dopo dura e sanguinosa lotta il Cukla è preso. Per consolidare le posizioni, si tenta di distrarre il nemico con una massiccia azione dimostrativa sul boschetto di quota 700 e di quota 900, procedendo nel contempo con un’offensiva sulle due ali. Il “Val Camonica” attraversando un difficile terreno sotto il fuoco nemico, riesce verso sera a impadronirsi di gran parte di quota 1.573; più tardi il “Ceva” conquista la colletta Cukla, raggiungendo le falde del Rombon , nonostante la tenace resistenza nemica. L’azione cessa la mattina seguente, per permettere alle truppe di riprendere fiato e rafforzare le posizioni conquistate. L’11 e il 12 maggio, il nemico tenta per ben quattro volte di riconquistare le posizioni perdute senza riuscirvi. Il 20 maggio il “Ceva” si riunisce a Serpenizza dove trascorse un periodo di riposo: il 12 giugno è rimandato a presidiare il sottosettore già assegnatogli precedentemente. Verso metà settembre, è ripresa l’offensiva sul Carso, alla quale concorrono anche le truppe operanti nella Conca di Plezzo. Il 16 settembre le compagnie del “Ceva” a disposizione del comando delle truppe di Monte Rombon sono così dislocate: la 1^ presso il punto 7, la 4^ a metà strada fra il Sacro Cuore ed il Romboncino, la 5^ dietro quota 2.105. All’alba del 17, ha inizio la marcia di avvicinamento all’obiettivo: un plotone riesce a raggiungere le vicinanze della vetta più alta del Monte Rombon, trovandosi a contatto con un trinceramento nemico. I difensori, già pronti a ricevere un eventuale attacco, fanno segno gli alpini di un lancio di bombe a mano, mentre da un’altura attigua, gli alpini, sono presi di mira sul fianco destro dal fuoco avversario. Numerose squadre comparse dal nulla, facendo leva con  pali di ferro, fanno rotolare a valle dei grandi massi. Gli alpini, vista l’impossibilità di portare a termine la loro azione, si riportano sulle posizioni poste più a valle. Nel contempo altre azioni si svolgono non molto distante: un reparto della 1^ compagnia, tenta ripetutamente di risalire un canalone che conduce alla vetta, ma poichè gli uomini sono costretti a passare da un punto obbligato difeso da una mitragliatrice ben appostata, si decise di desistere. Maggior fortuna, l’ha un altro reparto della stessa compagnia, che utilizzando corde Manilla (corde di fibre vegetali, provenienti dalle Filippine, capitale Manila, da qui il nome delle corde) riesce a passare i roccioni sovrastanti il punto 7, stabilendosi su un costone, dal quale è inviata in avanti una compagnia del “Monte Bicocca”, operante nella zona. Poco dopo a causa del ripiegamento di questo reparto, e del violento fuoco nemico, anche la compagnia del “Ceva” rientra nelle posizioni di partenza. Dal 10 ottobre al 5 novembre il “Ceva” è inviato a Serpenizza per un periodo di riposo, al termine del quale ritorna in linea sulle posizioni del Monte Cukla, dove rimane fino agli inizi del 1917. Il 12 gennaio 1917 il battaglione ridiscende a Serpenizza e il 17 è trasferito a Qualso, a disposizione del Comando Supremo. Assegnato alle unità alpine del XX° C.A., l’ 11 febbraio parte in treno da Tricesimo giungendo a Pove, nei pressi di Bassano, dove il battaglione è riordinato, per poi risalire verso la metà di marzo in Val Brenta, dove si accampa a Roccolo Cattagno, sull’altopiano dei Sette Comuni. Rilevato il battaglione “Verona” nelle posizioni fronteggianti Monte Chiesa, il “Ceva” compie un turno di trincea alle dipendenze del 1° gruppo alpini, fino al 10 maggio. Ridisceso a Roccolo Cattagno, passa, dal 1° al 2° gruppo alpino, vi rimane fino ai primi di giugno, quando il Comando Supremo decise di riprendere l’azione offensiva sospesa per il sopraggiungere dell’inverno nel 1916. Il 7 giugno il “Ceva” lascia Malga Moline, l’ 8 giugno raggiunge la località di Crocetta. Il mattino del 10 ha inizio il bombardamento da parte dell’artiglieria italiana: Monte Chiesa, Monte Campigoletti, Monte Ortigara sono ricoperti da una fitta cortina di fumo prodotta dalle esplosioni dei proiettili delle bombarde. Nel pomeriggio, dopo l’intensificarsi del bombardamento di preparazione, più di venti battaglioni alpini vanno all’assalto delle posizioni nemiche. Il “Ceva”, che nel frattempo su ordine del 2° gruppo alpino, ha lasciato durante la notte Crocetta, raggiunse in un primo momento la linea di vigilanza, per poi portarsi a rincalzo del “Mondovì”, che nel frattempo era giunto sulle pendici del Monte Campigoletti e a Corno della Segala. Un fuoco incrociato di mitragliatrici ed artiglierie, costringe i reparti del “Ceva” che presidiano un cocuzzolo chiamato il Groviglio, a ritirarsi dopo aver subito numerose perdite. Verso sera, i battaglioni “Bassano”, “Monte Baldo”, “Monte Clapier” e “Val d’Ellero”, sfondano le difese avversarie riuscendo ad affermarsi tra quota 2.101 e il Passo dell’Agnella, mentre i battaglioni “Tirano” e “Monte Spluga” giungono di rincalzo. La sera del 12 giugno, il “Ceva” lascia nuovamente la Crocetta per recarsi a Busa Fonda di Moline, ove rimane fino al giorno 17. All’alba del 19 dopo un lungo bombardamento di preparazione, i battaglioni “Ceva”, “Monte Saccarello”, “Val d’Arroscia”, “Mondovì”, “Monte Mercantour” e “Val Tanaro” sferrano un poderoso attacco concentrico: da nord parte dalla quota 2.101 in direzione del costone risalente a quota 2.105; dal centro dalla Pozza dell’Agnellizza in direzione della vetta di quota 2.105; da sud per i solchi dei Ponari verso la vetta di quota 2.105. In poco meno di un’ora, questa è conquistata. Il “Ceva” riceve quindi l’ordine di rincalzare il “Verona”, giunto alla quota 2.105, il “Ceva” raggiunge la quota 2.101, e quindi quota 2.105, trovandola già presidiata da reparti dei battaglioni “Monte Baldo”, “Verona” e “Mondovì”. Il mattino e il pomeriggio del 20 giugno, l’artiglieria austriaca tempesta di proiettili le postazioni tenute dagli alpini del “Ceva” causando gravissime perdite, a tal punto che il battaglione deve essere rimpiazzato e inviato a sostare nei pressi del passo dell’Agnella. Il 23 giugno, raggiunge nuovamente Busa Fonda di Moline, dove rimane fino alla notte sul 25, quando il nemico, dopo aver intensificato il bombardamento preparatorio, lancia all’assalto reparti muniti di gas asfissianti, lanciafiamme e bombe a mano, riuscendo ad accerchiare i battaglioni “Verona”, “Val d’Arroscia” e “Monte Bicocca”, oltre ad un battaglione di bersaglieri che difendono la cima dell’Ortigara, che cade nuovamente in mano nemica. Il “Ceva”, non ancora in piena efficienza, parte nuovamente alla volta di Crocetta, dove, dopo una breve pausa, prosegue per il Vallone di Baita, per poi portarsi in prossimità delle pendici est dell’Ortigara. Dopo la decisione del comando di passare al contrattacco, al “Ceva” è ordinato, in collaborazione con il III° battaglione del 10° fanteria, e ai battaglioni alpini “Val Tanaro” e “Monte Stelvio”, di rioccupare i costoni sud dell’ Ortigara. L’attacco che ha inizio a sera, è condotto dalla 4^ e 5^ compagnia che, riescono a porre piede nelle trincee nemiche, dalle quali sono però ricacciate dal violento fuoco difensivo. Anche sul resto del fronte, i reparti attaccanti sono respinti. Il mattino seguente i resti del “Ceva” scendono lungo il Vallone di Baita, da dove raggiungono Busa Fonda di Moline e quindi, il 9 luglio sono inviati a Osteria alla Barricata per riordinarsi. Il 13 dello stesso mese, scende a Primolano, in Val Brenta, da dove si trasferisce per ferrovia a Thiene; l’8 di agosto prende posizione nel sottosettore Monte Redentore, ove rimane fino al 14 ottobre. Il 16 ottobre, da Coltrano, suo punto di concentramento, è inviato per ferrovia a Cividale, per poi proseguire a bordo di autocarri per la Valle Uccea, essendo il 2° gruppo alpini passato alle dipendenze della 50^ divisione. All’inizio della grande offensiva nemica, il “Ceva” si trovava posizionato nel settore Banjski-Skedenj, sulla riva destra dell’Isonzo e la 4^ compagnia a disposizione nel settore di Saga, in fondo alla valle. Questa compagnia nella notte del 23 ottobre riceve l’ordine di mettersi a disposizione della brigata “Friuli” a Pluzne. Il movimento è compiuto durante un bombardamento condotto principalmente con granate a gas; in tal modo la compagnia raggiunse la brigata “Friuli” solo il mattino seguente, mentre questa stava ripiegando a causa di un attacco nemico. La 4^ compagnia si schiera sulle alture antistanti Pluzne e da tale posizione prende contatto con il nemico lungo un fronte di trecento metri. Più volte i reparti d’assalto nemici tentano la conquista della posizione senza riuscirvi. Dopo alcune ore di lotta, nel corso delle quali le postazioni sono sottoposte a bombardamenti d’artiglieria, con granate a gas e falciate dal tiro delle mitragliatrici, la compagnia è ridotta ad un terzo della sua forza. Piuttosto che retrocedere o arrendersi, il comandante conduce i superstiti in un ultimo assalto, nel corso del quale egli stesso muore alla testa dei suoi alpini. Il resto del “Ceva” nel frattempo è ripiegato sul costone sud del Monte Guarda dove cerca di stabilire un collegamento con i reparti della 36^ divisione , sbarrando la Valle Uccea con la 1^ compagnia, che il giorno seguente è attaccata e dispersa da forze nemiche, la 5^ compagnia ripiega verso Monte Kaal e Monte Kila. La rapida avanzata austriaca infrange le difese italiane e solo piccoli nuclei riescono a porsi in salvo aprendosi un varco per Stazione Carnia, Tolmezzo e Cavazzo Carnico. I pochi superstiti del “Ceva”, raggiungono Meduno e con i resti del 2° gruppo alpini, per Stevenà, Cittadella di Conegliano e altre tappe, si trasferiscono a San Giorgio di Mantova, e successivamente a Vernasca in provincia di Piacenza, dove il 30 novembre 1917 il battaglione è sciolto. I pochi alpini superstiti sono inquadrati nella 10^ compagnia del battaglione “Mondovì”.