Le Frazioni

13.01.2013 21:53

Frazione di NOCCO

immagine ingrandita Frazione di Nocco - Vista Panoramica (apre in nuova finestra) Piccola frazione del comune, Nocco sorge quasi alla sommità di un piccolo colle verde di boschi e di prati.
Il nome viene fatto derivare un po' fantasiosamente dall'albero delle nocciole, forse un tempo più diffuse e coltivate.
La storia di Nocco è una storia di fatiche e di stenti per sopravvivere.
Il suo territorio si estende sino alla valle dello Scoccia o Erno, comprende la collina morenica della Scincina e la valle dell'Agogna.
Una lunga striscia di terra, dunque, per sfruttare pascoli, boschi, sorgenti che eran poi l'unica ricchezza di un tempo.
L'attività prevalente era quella dell'ombrellaio; presso il bivio fuori paese infatti è stata posta una colonna di granito, con targa in memoria di questi ambulanti o "Lusciat".
Lo spopolamento dei paesi collinari fu tuttavia costante e inesorabile, e interrotto soltanto dall'avvento del turismo di massa e dal fenomeno della seconda casa.
Nel 1958 la "Famiglia Nocchese" distribuì diverse Madonnine di terracotta che ornano le vecchie case, anch'esse ormai ammodernate per offrire quei confort oggi necessari sia per la qualità della vita, sia per il notabile incremento delle persone anziane.

 

Frazione di VEZZO

immagine ingrandita Frazione di Vezzo - Il Castello (apre in nuova finestra) Altra frazione dal 1928, Vezzo viene ritenuto di origine Romana, se non Gallica.
Il paese ebbe famiglie di un certo rilievo, con ecclesiastici, notai e funzionari pubblici:Visconti, Calandra, De Antonis. Ad una di queste è verosimilmente da assegnare il palazzotto cinquecentesco noto come il Castello.
Il punto più caratteristico del paese è la piazzetta centrale o Piazza Caduti dove, ai piedi della scalinata in granito rosa che sale alla parrocchiale, si trova un centenario ippocastano circondato da un anello in sarizzo, già vera di pozzo.
Scendendo invece da piazza Caduti in via Cavallotti, e superata la circonvallazione, si trova il citato Castello. A destra un viottolo porta al Centro Sportivo e al cimitero con l'ormai abbandonata Chiesa della Crocetta.
Il posto è suggestivo, e lo sguardo spazia fino dal Mottarone alla dorsale di colli che scende a levante fino al poggio di Nocco, alto sopra la valle della Grisana.
Il vicino albergo Panorama, attualmente in fase di trasformazione, ospitò Toscanini col suo allievo Cantelli e, a più riprese, il regista scrittore Mario Soldati il quale raccolse le memorie dei suoi soggiorni Vezzesi nel volume "La messa del Villeggiante"

 
 

Leggende Vezzesi

"Il Cappello appeso al chiodo"
A Vezzo,secondo la tradizione,si narra che quando un giovane voleva fare dichiarazione d'amore ad una ragazza,e per timidezza non aveva il coraggio,si recava a casa della ragazza che desiderava sposare con un pretesto qualunque:comprare una mucca,una pecora o semplicemente un pollo,o un sacco di segale o di mais.
Entrando a casa appendeva il suo cappello,o all'attaccapanni se quello esisteva,o semplicemente ad un chiodo fisso nel muro.
In casa di contadini un chiodo non mancava mai.
Dopo aver stabilito il prezzo,il giovane riprendeva la strada di casa con l'intento di riferire ai parenti la spesa da affrontare e quindi sarebbe tornato per il pagamento e per il ritiro della merce trattata.
Dopo qualche giorno il giovane,pieno di speranza,vi ritornava.
Se l'attaccapanni il chiodo erano liberi,poteva riappendere il cappello,allora tutto era risolto per il meglio:la ragazza era disposta ad accettare l'avance e sarebbe diventata sua moglie,se al contrario sull'attaccapanni o sul chiodo era stato posto un indumento qualsiasi,significava che la ragazza aveva già scelto e non intendeva impegnarsi.
Al giovane umiliato non restava che completare l'acquisto della merce e ritornare sui suoi passi.

"Il matrimonio sotto l'albero della libertà"
Contrarre matrimonio a Vezzo sotto l'albero della libertà era comodo e facile.
Nella piazza del paese esisteva a memoria d'uomo,ed esiste tutt'ora un sedile di pietra a forma di corona circolare,posto intorno a un rigoglioso ippocastano centenario.
Ancora oggi nelle serate estive,quel sedile è meta di ritrovo degli uomini del paese,per scambiare quattro chiacchere o per trattare problemi di comune interesse.
Accadeva che quando due giovani volevano unirsi in matrimonio si dessero appuntamento in questo luogo,dove il sindaco saliva sul sedile di pietra e ordinava di fare tre giri intorno all'albero,da sinistra a destra,mentre scandiva il passo battendo le mani e gli invitati facevano corona in giro applaudendo.
In tal modo il matrimonio era valido.
Se accadeva che fra due sposi non regnasse il buon accordo(Così vuole la leggenda),essi si recavano sulla piazza del paese,di comune accordo,facevano il giro contrario attorno al sedile di pietra,cioè da destra a sinistra e poi ognuno poteva andare per i fatti suoi senza più alcun impegno.

Frazione Alpino


L'Alpino è un agglomerato di ville costruite a partire dalla fine del secolo scorso su terreni, allora comunali, di Gignese, Vezzo e Levo.
Situato a circa 800 metri d'altitudine, si popola di ricche famiglie piemontesi e lombarde nella bella stagione, ed ora anche nel periodo invernale per la vicinanza coi campi di sci del Mottarone.
Il nome deriva probabilmente dall'Albergo Alpino che il sacerdote Giovanni Ambrosini ricavò dal suo alpeggio, venduto poi agli Adami di Baveno e divenuto in seguito il prestigioso Grand Hotel Alpino  che ospitò personaggi illustri e teste coronate.
Alla fortuna del luogo, in superba posizione panoramica sul Golfo Borromeo e l'ampia cortina dei monti, concorsero vari fattori. In primo luogo la zona cominciò ad essere frequentata dagli escursionisti, specie inglesi, che salivano al Mottarone e che trovavano ospitalità e conforto nei vari alpeggi disseminati lungo il percorso.
Il dr. Ottavio Rognoni, di Milano, ne scelse uno per impiantarvi l'Alpe: un istituto pediatrico per la cura e la convalescenza dei ragazzi anemici.
Ma ben più vasta eco suscitò la presenza, su questi colli, di celebrati artisti della scuola milanese: Filippo Carcano e liberto Dall'Orto prima di tutti, e poi via via Eugenio Gignous, Eleuterio Fagliano, Leonardo Bazzaro, Mosè Bianchi, Pompeo Mariani, Achille Formis, Paolo Sala, Guido Boggiani e molti altri che con la loro opera fecero conoscere ed apprezzare questo luogo ancora in gran parte incontaminato.
Annotava entusiasta Mosè Bianchi: «Qui i soggetti, i quadri si vedono a pie sospinto, e c'è di troppo». Ed era pur vero, anche se, come opportunamente aggiungeva il Carcano: «Il vero deve essere il mezzo per esprimere un'altra verità: la verità dell'anima, quella che da vita reale all'opera d'arte».
Il Dell'Orto si fece costruire dal noto architetto Luigi Boffì una villa, e così pure fecero il Pariani  e il Bazzaro, come ricorda una targa ivi affissa: «Leonardo Bazzaro pittore, con la diletta moglie Corona, per otto lustri visse in questa casa illuminata dalla comune bontà, facendo di essa un tempio d'ogni tenero famigliare affetto e delle più pure espressioni dell'arte. 1853-1937».
Ai pittori fecero seguito i musicisti: a Villa Talamona  Il debrando Pizzetti componeva il Fra Gherardo; e Toscanini, nella sovrastante Villa Miorini, ne iniziava lo studio. Toscanini trasse con sé l'allievo prediletto, e prematuramente scomparso, Guido Cantelli; mentre un altro famoso musicista, Giovanni Anfossi, ospitava nella sua villa l'allievo Arturo Benedetti Michelangeli. Questa villa, che dalla moglie prese il nome Lina, venne costruita nel 1908 da G. Bagatti e conserva un'epigrafe latina dell'alierà dottore dell'Ambrosiana Achille Ratti la cui famiglia possedeva una villa a Solcio. Il Ratti guardando ammirato l'ampio panorama, commentava: «Qui tutto è musica, ed il compito del maestro è quello di tradurre in note la voce superba della natura».
Ma la storia dell'Alpino è soprattutto la storia di un'epoca che seppe coniugare fantasia ed operosità, di una società raffinata ed opulenta che si avviava senza saperlo alla sua fine. Ciò che oggi rimane di quel mondo è una memoria spesso ingombrante e insostenibile: il Grand Hotel, le sontuose ville, i magnifici parchi, i viali alberati, il trenino Vicino al Grand Hotel sorge Villa La Quiete, dell'editore Mazzocchi; in precedenza proprietà della duchessa Eugenia Litta Bolognini, meglio conosciuta per esser stata l'amante di re Umberto I.
Nella Villa Lloyd (poi Riva) soggiornò nell'estate del 1933, tenendovi una serie di conferenze, il teosofo indiano Krishnamurti il quale, dopo aver abbandonato l'ordine da lui fondato, predicava una sorta di individualismo etico.
Neppure il mastodontico Sasso Papale, un masso erratico di granito di circa 1500 m3 è sopravvissuto ai nostri giorni, venduto e tagliato a pezzi negli anni Sessanta; mentre conserva ancora una sua discreta suggestione la chiesetta alla Madonna della Neve, costruita nel 1928 su disegno dell'arch. Bergomi.
Altra importante realizzazione di quegli anni (1934) è il Giardino Alpinia, ricco di piante officinali alpine e con una frequentata sorgente. Da questo eccezionale punto panoramico lo sguardo si perde all'orizzonte, dove paiono confondersi e lago e monti e ciclo in un'azzurra luminosità.
L'attuale ristrutturazione del Grand Hotel e il diffondersi di nuovi modi di fare vacanza sembrano ridare vitalità all'incantevole centro residenziale, punta di diamante del turismo vergantino.

                                                                                                                                                                                  V. GRASSI